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Integral (impressione artistica)
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La Medaglia Zeldovich di Astrofisica a Vito Sguera,ricercatore dell’INAF a Bologna sui dati di Integral

07/05/2010 814 views 0 likes
ESA / Space in Member States / Italy

Per la prima volta è un italiano, Vito Sguera dell'INAF, ad aggiudicarsi la Zeldovich Medal per l'astrofisica, un ambìto riconoscimento internazionale per ricercatori under-35.

Fondamentale il suo contributo alla scoperta di una nuova classe di sorgenti, i "Supergiant fast X-ray transients" ottenuto utilizzando i dati del satellite dell'ESA Integral.

Un guizzo e via. Sono i centometristi della galassia. Si attivano e disattivano in modo così repentino da essere sfuggiti allo sguardo degli astronomi per anni. Ma non a quello vispo e tenace di Vito Sguera, ricercatore all'INAF-IASF Bologna. Spulciando uno a uno i fotogrammi ripresi dallo strumento IBIS a bordo del satellite dell'ESA Integral, Sguera alla fine è riuscito a inchiodarli con le mani nel sacco: sono i “Supergiant fast X-ray transients” (SFXT). Ovvero, sistemi binari della nostra galassia che, a differenza dei loro parenti più comuni, non emettono raggi X in modo persistente, ma solo ogni tanto, e per tempi brevissimi.

Supergiant X-ray transients (impressione artistica)
Supergiant X-ray transients (impressione artistica)

Per il suo contributo fondamentale alla scoperta di questa nuova classe di sorgenti, l'Accademia Russa delle Scienze e il Comitato internazionale per la ricerca spaziale (COSPAR) hanno deciso di assegnare proprio a Sguera la Zeldovich Medal, un premio internazionale istituito in memoria del fisico sovietico Yakov Borisovich Zeldovich, scomparso nel 1987, e conferito ogni due anni a ricercatori under-35 che si siano distinti nel loro campo di ricerca. La cerimonia di premiazione si terrà a Brema (Germania) il prossimo 19 luglio, durante l'assemblea internazionale del COSPAR. E per la prima volta da quando il premio è stato istituito, a ricevere l'ambìta medaglia, per la sezione astrofisica, sarà un ricercatore italiano.

Vito Sguera, 35 anni, originario di Barletta, si trovava in Inghilterra per il PhD, a Southampton, quando ha avuto l'intuizione vincente che gli ha permesso d'identificare gli SFXT. «Nel campo delle alte energie, di solito i dati si integrano», spiega Sguera, «perché più il tempo di osservazione è lungo e più segnale si riesce ad accumulare. Io ho seguito il percorso opposto: invece di sommare le osservazioni, le ho spezzettate in intervalli via via sempre più piccoli. È così che sono riuscito a isolare il comportamento anomalo di queste sorgenti. Un po' come avviene in fotografia: i tempi d'esposizione lunghi sono perfetti per ritrarre un gufo nella notte, immobile sul ramo d'un albero. Ma se vuoi immortalare l'istante in cui aggredisce la preda, devi passare a tempi molto più brevi».

Gamma ray burst (impressione artistica)
Gamma ray burst (impressione artistica)

Quanto al nome, "Supergiant fast X-ray transients", come spesso accade in astrofisica astruso e difficile da ricordare, Sguera si schernisce così: «Be', con il team con il quale li ho scoperti, così per gioco, avevamo pure pensato di chiamarli VITO, dall'acronimo very interesting transient objects… ma decisamente non era il caso!».

Intervista video scaricabile in MPEG PAL

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