GOCE, esplorare la terra dallo spazio
INTERVISTA 24-2007. È stata presentata oggi presso gli stabilimenti di Thales Alenia Space Italia, a Torino, la prima delle missioni per l’esplorazione della Terra dallo spazio dell’ESA. GOCE, il cui lancio è previsto per la primavera 2008, studierà in dettaglio il campo gravitazionale del nostro pianeta.
Quali sono gli obiettivi di questa missione?
L’obiettivo di GOCE è la misura dettagliata del campo gravitazionale terrestre, che determina – fra l’altro- il peso di ciascuno di noi. Se la Terra fosse una sfera perfetta, costituita da una stratificazione di gusci omogenei, il peso di un corpo sarebbe lo stesso in qualsiasi punto della superficie terrestre. In realtà non è così: se ci spostiamo lungo un parallelo, per esempio, pesandoci in ogni suo punto, scopriremmo che il nostro peso ha piccole variazioni, in dipendenza dalla quota sul livello del mare, dalla presenza o meno di caverne sotto i nostri piedi, di bacini idrici sommersi, dal fatto che ci troviamo sulla terraferma o sugli oceani e così via. Questo ci fa capire che il peso, cioè la forza di gravità generata dal campo gravitazionale terrestre, non è lo stesso in tutti i punti della superficie del nostro pianeta.
In geologia si definisce il “geoide terrestre”, ovvero quella superficie ideale in tutti i punti della quale un qualsiasi corpo standard ha lo stesso peso. Il geoide non corrisponde con la superficie terrestre, ma la sua forma dipende proprio da quei fattori che abbiamo nominato: la stratificazione, la presenza di montagne e così via. GOCE determinerà il geoide terrestre con una risoluzione spaziale di circa 100 km e con una precisione nelle misure mai raggiunta prima.
Secondo gli scienziati, avere una mappatura dettagliata del campo gravitazionale terrestre ci darà una mano anche a comprendere meglio il clima. Quale è la relazione fra le due cose?
Una misura accurata del campo gravitazionale terrestre ci aiuterà a capire meglio anche la circolazione oceanica, che gioca un ruolo cruciale nella distribuzione del calore nelle varie zone del pianeta, e dunque nella determinazione del clima. Tutti noi, per esempio, conosciamo la corrente del Golfo, una corrente di acqua calda superficiale che fluisce dal Golfo del Messico fin sulle coste della Norvegia. Analoghe circolazioni partono dall’Oceano Pacifico fino a circumnavigare l’Africa del Sud e a risalire in Atlantico. Allo stesso modo, esistono correnti fredde profonde che scorrono in direzione opposta. Capire se e in che modo le anomalie nel campo gravitazionale influenzino la circolazione oceanica - e dunque, dato il ruolo degli oceani, il clima - è una sfida di grandissimo valore e di evidente concretezza.
Visto che un’entità come il campo gravitazionale terrestre può apparire molto astratta, ricordo anche che la mappatura ad alta definizione che farà GOCE del geoide ci aiuterà anche a capire come e perché si muovono le placche tettoniche, movimenti che sono all’origine di alcuni tipi di terremoti. E sebbene questo non significhi certo che saremo in grado di prevedere terremoti, sarà comunque un passo avanti nella comprensione di questi fenomeni. Detto questo, ci aspettiamo che GOCE dia un grande contributo di conoscenza, non solo di applicazioni, che comunque arriveranno.
GOCE fa parte di una serie di satelliti detti Earth Explorer nell’ambito del programma dell’ESA Pianeta Vivente (Living Planet), che segna un deciso cambiamento di strategia nello studio del nostro pianeta: missioni più numerose, ciascuna al servizio di un particolare aspetto scientifico. Perché questa decisione?
Con il lancio di Envisat, nel 2002, l’ESA ha posto fine alle missioni per le Osservazioni della Terra che volessero rispondere, contemporaneamente, a molte domande di tipo diverso sul nostro pianeta. Envisat è stato il più grande satellite per le Osservazioni della Terra che sia mai stato lanciato. E sta dando indubbiamente risultati eccezionali.
Tuttavia è chiaro che elaborare un’unica missione, un unico satellite multifunzionale, da una parte può essere molto complicato, dall’altra estremamente laborioso e – in definitiva assai rischioso – per la comunità di riferimento. Se il lancio fallisse un’intera comunità scientifica sarebbe in ginocchio. È meglio allora pensare a missioni di costo inferiore, modulari nella sequenza di lancio, ciascuna dedicata allo studio di un singolo problema scientifico.
Dopo GOCE sarà la volta di SMOS, che fornirà una mappatura globale dell’umidità del suolo e della salinità dei mari. E nel frattempo ENVISAT, il satellite ambientale dell’ESA, ha completato la mappatura dell’umidità in tutta la zona meridionale del continente africano. Quali risultati ci aspettiamo da mappe di questo genere?
L’iniziativa SHARE a cui ti riferisci è un’iniziativa finanziata dall’ESA nell’ambito del progetto TIGER, che l’ESA conduce in Africa dal 2002 con lo scopo di dar vita a un programma di gestione delle acque a lungo termine.
Attraverso i dati di Envisat si è elaborata una mappatura della zona sud del continente africano, in base al contenuto di acqua nel suolo privo di vegetazione. Più acqua contiene il suolo e meno è in grado di assorbirne di nuova. Quindi generare delle mappe del livello di umidità significa, fra l’altro, produrre una carta delle terre a rischio di inondazione. Le mappe hanno una risoluzione spaziale di 1 km, che costituisce un salto di qualità nei dati oggi disponibili.
In effetti l’unica alternativa sono i rilevamenti al suolo, che hanno due gravi difetti: sono molto costosi e non sono altrettanto capillari. Questo risultato, fra l’altro, apre le porte alle iniziative che saranno legate al lancio di SMOS.
Le interviste
Dal maggio 2000, con cadenza settimanale, RAI NEWS 24 - canale televisivo digitale della RAI dedicato all'aggiornamento in tempo reale - riserva all'ESA uno spazio di approfondimento di 5 minuti: un'intervista su una notizia di attualità legata alle attività nello spazio.
I servizi vengono ritrasmessi ulteriormente su RAI International e RAI 3. Si va dagli approfondimenti sulla Stazione Spaziale Internazionale, alle scoperte scientifiche dei satelliti dedicati all'astronomia, alle applicazioni concrete legate alle osservazioni della Terra dallo spazio.
I giornalisti della Rai, Lorenzo di Las Plassas, Stefano Masi, Marco Dedola si alternano nel discutere con il giornalista scientifico che collabora con l'ESA, Stefano Sandrelli, per dare un'idea dell'argomento e per approfondirne un aspetto, in modo che, leggendo di seguito le interviste relative a uno stesso settore se ne abbia uno spaccato sempre più ampio, venendo a conoscenza di cose sempre nuove.
Per ulteriori informazioni, rivolgersi a: Franca.Morgia@esa.int.