AAA: pianeta gemello cercasi
INTERVISTA 28-2007. Si moltiplicano le notizie di nuove scoperte di pianeti esterni al Sistema Solare.
Ma a che punto è la ricerca di pianeti lontani dal nostro Sole e simili alla Terra?
La ricerca di pianeti simili alla Terra, cioè di pianeti con una superficie rocciosa, in effetti è appena iniziata: il primo telescopio ad essere stato lanciato, che sia in grado di rivelare pianeti rocciosi, anche se decisamente più grandi della Terra, è COROT, il satellite europeo guidato dall’Agenzia Spaziale Francese (CNES) a cui partecipa anche l’ESA.
COROT è un telescopio spaziale che si muove intorno alla Terra su un’orbita polare e che è stato concepito per due obiettivi principali: lo studio della variazione di luminosità delle stelle dovuta ai “terremoti” stellari e la ricerca di pianeti extrasolari.
È stato dotato di un telescopio con un’apertura di 30 centimetri di e una lunghezza focale di 110 centimetri. A bordo di COROT ci sono anche di due fotocamere, una per lo studio delle variazioni delle luminosità stellari, l’altra per la ricerca dei pianeti, e i processori, quest’ultimi realizzati dall’ESA.
Con questa attrezzatura ci aspettiamo di trovare qualche decina di pianeti rocciosi, di dimensioni decisamente maggiori della Terra. Il metodo della ricerca è semplice, almeno a parole: se un pianeta orbita intorno a una stella, e se facendolo si interpone fra il telescopio e la stella stessa, determina una piccola diminuzione di luminosità della stella medesima. COROT è attrezzato proprio per individuare variazioni di luminosità estremamente piccole e dunque può tranquillamente giocarsi le sue chances per il rilevamento di pianeti di questo tipo.
COROT ha già trovato pianeti extrasolari?
Sì, COROT ha già identificato un pianeta extrasolare, nel maggio scorso: un gigante gassoso a 1500 anni luce dalla Terra. Paragonato a Giove, che pure è il pianeta più grande del Sistema Solare, il pianeta scoperto da COROT ha un raggio del 70% maggiore e una massa maggiore del 30%. Orbita intorno alla propria stella in appena un giorno terrestre e mezzo, e questo significa che è molto vicino alla stella. E da questo ne consegue, ovviamente, che si tratta di un pianeta gassoso e molto caldo.
Se lo giudichiamo con i parametri a cui siamo abituati nel nostro sistema solare sembra un vero è proprio pianeta-mostro, ma in realtà è del tutto simile alla stragrande maggioranza degli oltre 200 pianeti scoperti finora dalla comunità astronomica mondiale intorno a stelle diverse dal Sole.
In genere abbiamo scoperto proprio pianeti di questo genere: simili o più grandi del nostro Giove, spostati però su un’orbita molto vicina alla stella stessa. “Giove caldi”, come si usa dire. Ci sono motivi tecnici, legati al modo con il quale queste ricerche vengono effettuate, che seleziona il tipo di pianeta identificato: la maggior parte dei pianeti scoperti non sono stati visti, così come potremmo vedere Giove al telescopio, ma la loro presenza è stata dedotta da alcune anomalie nella luce delle stelle intorno alle quali orbitano. Per produrre anomalie osservabili, i pianeti devono essere molto massivi e molto vicini alla stella-madre.
Anche se non sono stati osservati pianeti simili alla Terra, sono state però trovate tracce di vapore di acqua nell’atmosfera di alcuni pianeti. In qualche modo ci stiamo avvicinando alla scoperta di un gemello terrestre…
È una scoperta fatta da una borsista dell’ESA, l’italiana Giovanna Tinetti, e dal suo team, che hanno utilizzato il telescopio della NASA Spitzer, sensibile ai raggi infrarossi. Anche in questo caso si tratta di un “Giove caldo”, con una massa del 15% maggiore di quella di Giove, che si trova ad appena 4,5 milioni di km dalla sua stella intorno a cui orbita, una distanza circa 33 volte inferiore a quella della Terra dal Sole. Il periodo orbitale è appena 2,2 giorni. Per capire che cosa significa caldo, basti pensare che la temperatura media stimata per la sua atmosfera si aggira intorno ai 700 °C, una temperatura alla quale il vapor d’acqua che è stato identificato è impossibilitato ad aggregarsi in nuvole.
In definitiva, l’importanza della scoperta risiede nella conferma che la formazione della molecola di acqua è un fenomeno comune, non eccezionale. E questo, a sua volta, ci spinge a pensare che la vita stessa possa essere un fenomeno relativamente comune nell’universo, anche se non sui pianeti di cui stiamo parlando.
Quando ci possiamo aspettare un vero e proprio salto di qualità con la scoperta di un pianeta simile alla Terra?
Un vero e proprio salto di qualità lo faremo quando scopriremo un pianeta roccioso come la Terra che orbita all’interno della cosiddetta Zona di Abitabilità della proprio stella-madre. La Zona di Abitabilità è il volume dello spazio nel quale l’acqua si può trovare allo stato liquido, al di là dalle condizioni specifiche della superficie del pianeta, come per esempio un effetto serra particolarmente forte che, per esempio, potrebbe mantenere l’acqua sempre allo stato gassoso.
Questi sono gli obiettivi che l’ESA si è data quando ha iniziato a progettare la missione Darwin, ancora in fare di programmazione. Darwin sarà composta da una serie di telescopi che compiranno osservazioni simultanee: dal confronto fra le varie osservazioni, attraverso il metodo detto della “interferometria nulla”, sarà possibile “vedere” pianeti realmente simili alla nostra Terra. A quel punto potremo iniziare a sognare. Mancano ancora molti studi, molti sforzi, molte ricerche, ma non mancano molti anni. Gli strumenti sono alla nostra portata di qui a poco.
Le interviste
Dal maggio 2000, con cadenza settimanale, RAI NEWS 24 - canale televisivo digitale della RAI dedicato all'aggiornamento in tempo reale - riserva all'ESA uno spazio di approfondimento di 5 minuti: un'intervista su una notizia di attualità legata alle attività nello spazio.
I servizi vengono ritrasmessi ulteriormente su RAI International e RAI 3. Si va dagli approfondimenti sulla Stazione Spaziale Internazionale, alle scoperte scientifiche dei satelliti dedicati all'astronomia, alle applicazioni concrete legate alle osservazioni della Terra dallo spazio.
I giornalisti della Rai, Lorenzo di Las Plassas, Stefano Masi, Marco Dedola si alternano nel discutere con il giornalista scientifico che collabora con l'ESA, Stefano Sandrelli, per dare un'idea dell'argomento e per approfondirne un aspetto, in modo che, leggendo di seguito le interviste relative a uno stesso settore se ne abbia uno spaccato sempre più ampio, venendo a conoscenza di cose sempre nuove.
Per ulteriori informazioni, rivolgersi a: Franca.Morgia@esa.int.