Deep Impact: il ruolo europeo
INTERVISTA 20-2005. Il prossimo 4 luglio, un corpo di 360 kg sganciato dalla sonda della NASA Deep Impact si schianterà sulla superficie della cometa Tempel 1, a 133 milioni di kilometri da Terra. Quali saranno gli effetti di questo impatto?
Una cosa è certa: non ci sarà nessuna conseguenza pericolosa per la Terra, di nessun tipo. La distanza a cui avviene l’impatto è paragonabile alla distanza Terra e il Sole: si tratta di un corpo molto piccolo e molto distante. Inoltre l’"impattatore" (come viene chiamato per evitare il termine “proiettile”) non porta con sé nessuna carica esplosiva: è semplicemente un corpo costituito da un “peso morto” di oltre 130 kg di rame, da strumentazione scientifica, da carburante e dal motore a razzo che servirà a fare variazioni di traiettoria se sarà ritenuto necessario.
L’impatto, insomma, non sarà di tipo distruttivo: a seconda del materiale di cui la cometa è costituita, il corpo celeste potrà assorbire il colpo senza nessun effetto visibile immediato.
Oppure potrebbe aprirsi un cratere delle dimensioni di una villetta a due piani o, nell’ipotesi più “catastrofica”, un cratere delle dimensioni del Colosseo, con una profondità di circa 40 metri. L’impatto potrebbe inoltre dare origine all’espulsione di gas, di ghiaccio e di piccoli frammenti.
La sonda madre lascerà cadere l’ “impattatore” il giorno prima dell’impatto, lungo una traiettoria che incrocerà quella della cometa Tempel 24 ore più tardi, che sarà colpita nella parte illuminata dal Sole, a una velocità di 36700 kilometri orari.
Una curiosità: la cometa prende il nome dall’astronomo tedesco Tempel, che la scoprì il 3 aprile del 1867, mentre lavorava all’osservatorio di Marsiglia. Più tardi Tempel divenne assistente di Giovanni Virginio Schiaparelli, uno dei più famosi astronomi italiani, all’epoca direttore dell’Osservatorio Astronomico di Brera.
Una missione come Deep Impact sembra essere molto americana nello stile. Anche la scelta del 4 di luglio, Festa dell’Indipendenza degli USA, è significativa. Ma qual è il valore scientifico di questa impresa?
Finora delle comete si è potuto osservare solo la superficie. Lo scopo della missione della NASA è di studiare gli strati sotto superficiali, e per farlo era necessario scalfire la superficie.
Capire di che cosa costituito l’interno del nucleo di una cometa non è uno sfizio investigativo: oggi crediamo che le comete siano frammenti delle nube di gas e polvere che ha dato origine al nostro sistema solare oltre 4 miliardi e mezzo di anni fa. Sono i mattoni che non sono stati utilizzati per la costruzione dei pianeti.
Tuttavia crediamo anche gli strati superficiali possano essere stati alterati nel tempo, sia a causa della deposizione successiva di altro materiale, che a causa dell’esposizione alla luce solare. In teoria, dunque, se vogliamo vedere il materiale primitivo del nostro sistema solare, occorre sollevare il tappeto superficiale dei nuclei cometari, costituito principalmente da ghiaccio di acqua e polveri.
Queste ipotesi vanno però messe alla prova dei fatti: ci chiediamo per esempio quanto sia vecchio lo strato superficiale. Oppure se oltre i 20 metri di profondità il materiale prevalente sarà ancora ghiaccio di acqua oppure di ossidi di carbonio (monossido e biossido).
Sono domande cruciali per la nostra comprensione del sistema solare: secondo alcuni, per esempio, è stato proprio il bombardamento cometario subito dalla Terra nelle sue prima centinaia di milioni di anni ad aver arricchito il nostro pianeta di acqua, che è stata poi cruciale per lo sviluppo della vita.
L’ESA è stata coinvolta nella missione per l’osservazione dell’impatto e delle fasi successive. In che modo?
La missione sarà tenuta d’occhio da molti strumenti: in prima linea ci saranno gli strumenti a bordo dello stesso “impattatore” e quelli a bordo della navicella che lo ha trasportato, e che continuerà a osservare la cometa almeno fino al 3 agosto.
Ma accanto a questi strumenti, c’è una grande mobilitazione internazionale: i più grandi telescopi terrestri, per esempio i 7 telescopi gestiti dall’ESO (European Southern Observatory, Osservatorio Europeo del Sud), seguiranno l’impatto e le fasi successive. E lo stesso faranno molti telescopi spaziale, a partire dal Telescopio Spaziale Hubble (NASA/ESA) e dal telescopio dell’ESA XMM-Newton.
Un ruolo privilegiato nell’osservazione dell’impatto e della fasi che seguiranno sarà rivestito anche dalla missione europea Rosetta, dedicata proprio allo studio delle Comete. E sarà un ottimo allenamento per l’impresa che la attende negli anni futuri. Rosetta, infatti, ha il non facile compito di intercettare la cometa Churyumov/Gerasimenko quando, nel 2014, sarà ancora a circa 750 milioni di kilometri dal Sole, e di seguirla nell’avvicinamento al Sole stesso. Sarà la prima sonda a poter osservare in diretta e da pochi kilometri di distanza la nascita delle code di una cometa!
Per Rosetta, però, l’ESA ha scelto un approccio molto più morbido di quanto non abbia fatto la NASA. Rosetta “orbiterà” intorno alla cometa per oltre un anno e vi lascerà cadere un piccolo robot, che potrà eseguire misurazioni di composizione chimica e di varie proprietà fisiche prelevando piccoli campioni di materiale attraverso una trivella. Sarà una “rosetta sulla neve” della cometa, insomma.
In questo periodo il sistema solare sembra essere diventato una preziosa fonte di vere e proprie news da rotocalco. Per esempio la sonda dell’ESA Mars Express ha scoperto per la prima volta delle aurore su Marte. Che significato ha questa scoperta?
Le aurore polari terrestri sono prodotte da particella cariche che vengono incanalate dalle linee del campo magnetico, che le “accompagnano” fino agli strati alti dell’atmosfera, dove urtano con il gas atmosferico e danno luogo alla luminosità che ben conosciamo.
Sulla Terra, come divedo, questo è possibile per la presenza del campo magnetico, ma Marte è un pianeta che non ha un campo magnetico proprio. E tuttavia sono state identificate, durante la notte marziana, delle luminosità tipiche delle aurore in una zona di circa 11 km. E in quella zona è presente materiale magnetizzato: insomma, in breve, su Marte il campo magnetico a livello planetario è scomparso molti anni fa, ma ha lasciato dietro di sé depositi di calamite naturali, che provocano le aurore con un meccanismo identico a quello del campo magnetico terrestre.
Da Marte ci attendiamo novità anche nel prossimo futuro: con circa un anno di ritardo, dovuto a problemi tecnici, sono state finalmente dispiegate le antenne dello strumento MARSIS, a bordo di Mars Express. MARSIS è in grado di penetrare con le sue onde radio sotto la superficie di Marte e, finalmente, vedere in modo quasi diretto, per la prima volta, i bacini di acqua – liquida o ghiacciata – che secondo molti scienziati possono ancora trovarsi sul pianeta rosso.
Nota:
Le interviste
Dal maggio 2000, con cadenza settimanale, RAI NEWS 24 - canale televisivo digitale della RAI dedicato all'aggiornamento in tempo reale - riserva all'ESA uno spazio di approfondimento di 5 minuti: un'intervista su una notizia di attualità legata alle attività nello spazio.
I servizi vengono ritrasmessi ulteriormente su RAI International e RAI 3. Si va dagli approfondimenti sulla Stazione Spaziale Internazionale, alle scoperte scientifiche dei satelliti dedicati all'astronomia, alle applicazioni concrete legate alle osservazioni della Terra dallo spazio.
Il giornalista della Rai, Lorenzo di Las Plassas, passa cinque minuti con il rappresentante dell'ESA, Stefano Sandrelli, per dare un'idea dell'argomento e per approfondirne un aspetto, in modo che, leggendo di seguito le interviste relative a uno stesso settore se ne abbia uno spaccato sempre più ampio, venendo a conoscenza di cose sempre nuove.
Per ulteriori informazioni, rivolgersi a: Simonetta.Cheli@esa.int.