Envisat e il buco nell'ozono
Il lancio del satellite dell'ESA Envisat, il più grande fra i satelliti dedicati all'osservazione della Terra, è previsto per il prossimo ottobre. Nel frattempo, con l'avvicinarsi dell'estate, tornerà presto all'attenzione dei media il problema del buco nell'ozono. In che modo un satellite come Envisat potrà darci informazioni su questo problema?
Nei prossimi giorni, in particolare, si terrà presso ESTEC, la sede olandese dell'ESA, un congresso che avrà come suo scopo principale proprio quello di presentare diversi metodi per l'analisi della composizione chimica dell'atmosfera terrestre e di identificarne di nuovi e migliori. Envisat sarà dotato di 10 strumenti scientifici che studieranno il sistema Terra da molti punti di vista e con metodi molto diversi, fornendo informazioni sulla composizione chimica dell'atmosferica, sulla temperatura superficiale dei mari, sull’altitudine delle terre emerse, sullo stato dei ghiacci. Le applicazioni scientifiche e non sono innumerevoli, si va dalla comprensione della dinamica di un sistema complesso, come quello terrestre, a un aiuto reale alla protezione civile, alle previsioni del tempo.
In particolare per quanto riguarda la valutazione dell'impoverimento di ozono nella stratosfera, ci saranno utili almeno tre degli strumenti di Envisat: il primo è SCIAMACHY, che è la versione migliorata dello strumento GOME, a bordo di ERS2: si tratta di uno spettrometro, che raccoglie la luce del Sole dopo che questa ha interagito con i gas atmosferici. Lo strumento separa poi la luce nei vari colori che la compongono (dall'infrarosso vicino all'ultravioletto) e ne analizza le caratteristiche. Da queste risale poi alla presenza e alla quantità di un certo gas, per esempio l'ozono.
Ma le misure di un solo strumento come SCIAMACHY non sono sufficienti?
Ci sono varie ragioni che rendono preferibile utilizzare strumenti diversi fra loro. In primo luogo, ogni strumento è soggetto ad errori di misura. E l'impoverimento dello strato di ozono è un processo molto lento: occorrono da subito misure molto precise per valutarlo correttamente. Aspettare troppo tempo potrebbe significare poter intervenire solo quando il danno è irreparabile. Inoltre in fisica è sempre un buon criterio cercare di arrivare allo stesso un risultato attraverso strade diverse tra loro. Quando si dice che uno strumento "misura" la quantità di ozono questo significa che ne misuriamo certe tracce e non altre. A questo servono gli altri due strumenti di Envisat: a considerare il numero più alto possibile di "tracce", appunto.
Lo strumento GOMOS ha un funzionamento del tutto diverso: non guarda verso Terra, come SCIAMACHY, ma raccoglie la luce ultravioletta proveniente da stelle, facendo in modo di guardarle attraverso uno strato di atmosfera. Passando attraverso l'atmosfera, i raggi ultravioletti delle stelle vengono assorbiti dall'ozono, e dalla quantità di assorbimento si calcola la quantità di ozono presente. E infine c'è lo strumento MIPAS, uno spettrometro che è in grado di rivelare l'emissione infrarossa e di analizzarla. Può misurare simultaneamente la presenza di oltre 20 gas, fra cui per esempio i clorofluorocarburi (CFC) e gli ossidi di azoto. Tutti e tre gli strumenti misurano la concentrazione di ozono in funzione della quota. E poiché sfruttano tecniche e principi di misura differenti possiamo ottenere misure molto precise.
Ma a che punto siamo con lo studio del buco nell'ozono?
In attesa di capire definitivamente come gli Usa intendono comportarsi nei confronti del trattato di Kyoto, le misure degli anni precedenti hanno chiaramente dimostrato che l'assottigliamento dello strato di ozono esiste, e che è marcato soprattutto sopra l'Antartide. Inoltre è accertato che l'emissione di clorofluorocarburi contribuisce al suo assottigliamento.
In passato i satelliti riuscivano a misurare solo la presenza di gas come l'ozono nello strato più alto dell'atmosfera, cioè nella stratosfera. Oggi, grazie per esempio al satellite europeo ERS2, è possibile valutare la presenza di ozono anche nello strato più basso dell'atmosfera, cioè nella troposfera. E questo aiuta ad avere un'idea complessiva della situazione, dell'evoluzione del contenuto di ozono lungo tutta quanta l'atmosfera. Avere dati "globali" come questi è importante quando si studiano sistemi complessi come il sistema atmosferico.
Studiare la presenza di ozono è interessante non solo perché si capisce se esiste un impoverimento o meno, ma anche perché può aiutare nelle previsioni del tempo. In che modo?
Attraverso le osservazioni di ERS2 -e a maggior ragione con quelle che fornirà Envisat- accoppiate con dei calcolatori che analizzano i dati con grande velocità è possibile capire quando ozono c'è ad ogni data quota. E questo lo si può fare per ogni punto dell'atmosfera. Alla fine, quel che si ottiene è una vera e propria mappa della presenza di ozono a varie quote, in ogni punto dell'atmosfera.
L'ozono è naturalmente trasportato dai venti e i suoi movimenti tracciano i movimenti dell'alta atmosfera: è un po' come piazzare un'auto gialla nel flusso del traffico composto di auto tutte grigie. L'auto gialla si muove insieme alle altre, ma si vede meglio. Tutto questo è importante perché conoscere bene i movimenti dell'alta atmosfera aiuta nelle previsioni del tempo e questo, a sua volta, aiuta a capire se l'esposizione al sole sarà pericolosa o meno.