Galileo, un progetto strategico per l'Europa
Da diversi anni si parla ormai del progetto di navigazione satellitare europeo Galileo, che dovrebbe rendere l’Europa indipendente dal GPS americano. Ma a che punto siamo?
Nel luglio scorso sono stati firmati i primi contratti per la costruzione di due satelliti sperimentali, uno dei quali sarà lanciato per i primi test nell’ottobre 2005. Secondo le previsioni l’operatività del sistema nel suo complesso sarà raggiunta invece a partire dal 2008.
Galileo sarà costituito da una costellazione di 30 satelliti, di cui 27 operativi e tre di riserva. Orbiteranno intorno alla Terra a una quota media, a circa 23616 km, con un’inclinazione di 56° rispetto all’equatore, un configurazione che garantisce la copertura dell’intero globo.
Il tutto sarà guidato da due centri europei per il controllo.
Galileo è un progetto cruciale dal punto di vista strategico. Ma quanto costa alle tasche dei cittadini? Non era sufficiente il GPS americano?
Com’è noto il GPS americano è controllato dal ministero della Difesa, che può sospenderne l’erogazione quando lo ritiene opportuno negli interessi degli USA. Galileo sarà un progetto coordinato da civili, dunque garantito. E questo consentirà la diffusione di prodotti affidabili: gli aerei, le navi potranno farne uso quando ne hanno bisogno, in qualsiasi momento desiderino.
Secondo gli studi, si prevede che entro il 2010 un miliardo e ottocento milioni di persone useranno Galileo e che nel giro dei successivi dieci anni questo numero possa raddoppiare. Il costo per realizzare il progetto Galileo è di circa 3200 milioni di euro, mentre il mantenimento annuo costerà circa 220 milioni di euro. Considerando una durata di circa 20 anni, il costo totale è inferiore agli 8 miliardi di euro.
Ma è il rapporto benefici/costi ad essere sorprendente: recenti studi lo hanno stimato in 4,6. Per ogni euro di investimento, cioè, ci aspettiamo un ritorno di 4,6 euro, che si concretizza in posti di lavoro, scambi, riduzione dell’inquinamento e così via.
Studi più ottimistici, che considerano non solo i benefici diretti, ma anche quelli indotti, arrivano a stimare un ritorno totale di circa 74 miliardi di euro, con un rapporto benefici/costi di oltre 9.
In ogni caso, anche limitandoci alle stime più caute, l’investimento dovrebbe essere eccellente non solo dal punto di vista strategico, ma anche sotto l’aspetto più specificamente economico.
Galileo è il primo progetto congiunto ESA e Unione Europea, che lo finanziano con una quota del 50% ciascuno. È il primo passo perché l’ESA diventi l’agenzia spaziale di riferimento dell’Europa Unita?
Questo sembra essere un processo naturale, ma non è scontato, perché diverse nazioni europee, come l’Italia o la Francia, hanno una propria Agenzia Spaziale. E poiché l’utilizzo dello spazio è cruciale per un paese moderno, in questi paesi le agenzie spaziali hanno anche compiti di difesa.
L’ESA invece è un’agenzia spaziale che non ha nei suoi compiti statutari nient’altro se non la promozione dello spazio per usi esclusivamente pacifici, ed essenzialmente di ricerca.
Un progetto come Galileo, d’altra parte, consenta di rafforzare le cooperazioni internazionali in modo consistente: esiste oggi un piano di navigazione satellitare per l’intera area del Mediterraneo, di cui fanno parte anche i paesi del Maghreb, come il Marocco, l’Algeria, la Tunisia. Ma che coinvolge anche stati come l’Egitto, Israele, la Giordania, l’Autorità Palestinese, Libano, Siria, Turchia, Malta, Cipro.
Ma Galileo arriva anche in oriente: in settembre è stato inaugurato presso l’università di Pechino, il Centro di Cooperazione Europa Cina, voluto dalla Commissione Europea, dall’ESA, dal ministero della scienza e della tecnologia cinese, che ha lo scopo di sviluppare su base “quotidiana” il dialogo sui temi della navigazione satellitare.
Sono intensi i contatti anche con la Russia, che possiede un suo proprio sistema di navigazione, il GLONASS.
Aspettando Galileo, in primavera sarà invece disponibile il primo sistema di navigazione europeo, Egnos che di Galileo è il precursore. Che cosa potremo fare con Egnos?
Egnos è in fase di test da ormai diversi anni. Con il recupero pieno del satellite per telecomunicazioni Artemis, la fase preliminare ha raggiungo la maturità ed ora siamo pronti per le applicazioni.
Egnos utilizza tre satelliti geostazionari, fra cui Artemis, e una rete di stazioni di terra. I satelliti che costituiscono il GPS statunitense e il e Glonass russo comunicano con i satelliti geostazionari che rimandano i dati ricevuti alle stazioni di terra, aggiungendovi dati ulteriori relativi alle condizioni ambientali nelle quali hanno operato i satelliti del GPS e del Glonass. In questo modo è possibile un’analisi che migliora sensibilmente le prestazioni finali. E tutto questo in tempo reale! Egnos sarà importante per utilizzi come l’attracco delle navi o l’atterraggio degli aerei.
Agli inizi di febbraio, si è avuta la prima dimostrazione ufficiale di Egnos in Cina, quando il sistema europeo è stato utilizzato per assistere la navigazione di navi immerse in banchi di nebbia: ed è sempre stupefacente rendersi conto di quanto cambi in senso reale la sicurezza di viaggi simili. Allo stesso modo sono stati organizzati voli aerei dimostrativi anche in paesi extraeuropei, in America Latina e in Africa.