Envisat, prendersi cura della Terra
La conferenza dell’Aja si è conclusa con il mancato accordo fra i paesi industrializzati per la messa in atto del trattato di Kyoto, per la riduzione dei gas serra. Forse per convincere i politici a impegnarsi di più sulla salvaguardia della Terra bisogna migliorare la conoscenza scientifica dell’ambiente terrestre. Che cosa fa l’ESA in questo settore?
L’Agenzia Spaziale Europea è attiva in questo settore ormai dal 1977, l’anno del lancio del primo satellite meteorologico Meteosat, che tutti conosciamo. Dopo le eccellenti imprese dei satelliti ERS1 e ERS2, nel giugno del prossimo anno sarà lanciato Envisat, probabilmente il satellite più complesso che sia mai stato costruito in Europa, completamente dedicato alle osservazioni dell’ambiente terrestre.
Envisat volerà su un’orbita sincrona rispetto al Sole a circa 800 km sulla superficie terrestre, passando quasi sopra i poli terrestri una volta ogni ora e mezzo circa. Avrà ben 10 strumenti a bordo, che saranno in grado di fornire dati sulla composizione atmosferica, sulla temperatura superficiale dei mari, sull’altitudine delle terre emerse, sullo stato dei ghiacci. Tutti temi estremamente importanti per le previsioni sul clima.
Particolare riguardo è riservato alla misura della presenza dell’ozono atmosferico e di tutti quei gas in grado di fermare i raggi ultravioletti provenienti dal Sole. Envisat effettuerà un vero e proprio ritratto della “personalità” del sistema terrestre in tutta la sua complessità, usando strumenti analoghi a quelli di ERS1 e ERS2 e strumenti nuovi. In questo modo, Envisat darà continuità all’eccellente lavoro di ERS1 e ERS2. Gli archivi di dati così costituiti costituiscono l’elemento scientifico chiave per lo studio dei cambiamenti climatici, per i quali occorre sempre possedere dati su lunghi periodi di tempo. E questo è senza dubbio l'unico modo scientifico per comprendere che cosa stia accadendo e quali ne siano le cause.
Tra i tanti aspetti preoccupanti degli eventuali cambiamenti climatici del futuro, si parla anche dell’innalzamento del livello dei mari. Nel caso dell’Italia questo potrebbe portare a una maggiore frequenza del fenomeno dell’acqua alta a Venezia e all’inondazione delle coste basse...
Di questi argomenti si è dibattuto anche in un recente congresso organizzato in ottobre dall’ESA a Gothenburg. Occorre capire con chiarezza che cosa sta accadendo ai mari. Innanzi tutto, bisogna accertare se i mari si stiano effettivamente innalzando. Per farlo occorre raccogliere dati che indichino l’esistenza di un fenomeno a lungo termine, che si sviluppa in vari anni. Non bisogna confondere l’innalzamento dei mari che stiamo cercando con le fluttuazioni stagionali del livello dei mari che dipendono dal riscaldamento del Sole. Nè con fenomeni come El Niño, che si ripetono su periodi di circa 4 anni.
Per questo motivo, occorre accumulare dati per molti anni, almeno una decina. Per questo è importante che Envisat dia continuità ai risultati scientifici di ERS1 e ERS2. Una volta che si sia dimostrato l’innalzamento dei mari, occorre comprendere da che cosa sia causato. Potrebbe essere un effetto del riscaldamento globale, che porta allo scioglimento dei ghiacci polari, con il conseguente innalzamento del livello dei mari. Tuttavia potrebbe essere causato da un innalzamento della temperatura dei mari stessi, senza che vi sia un evidente scioglimento dei ghiacci.
Infine, compresa la causa, bisogna anche capire se è colpa dell’uomo oppure è un processo naturale. Le risposte sono ancora incerte ed è a questa incertezza che, purtroppo, molti paesi industrializzati si appellano per non controllare le emissioni di gas serra, cosa che sarebbe comunque importante.
Osservare la Terra dallo spazio non è importante solo per gli studi sul clima.
Faccio solo un esempio. Sempre al congresso di Gothenburg è stata presentata un’applicazione molto interessante dei dati rilevati da ERS2. In breve, si tratta di questo. Uno dei problemi che persistono nella zona di Chernobyl, che come ricorderete tutti è balzata alla ribalta della cronaca per il disastro nucleare del 1986, è quello dei flussi di acqua radioattiva che estendono la contaminazione, minacciando i due fiumi vicini, il Dniepr e il Pripyat. Durante la primavera, infatti, la zona è spesso battuta da piogge che dilavano il terreno e che portano il materiale contaminato verso i due fiumi. Per combattere questo fenomeno occorre prevederlo, e si può provare a farlo con modelli matematici specifici. Ma prima di poterli usare con sicurezza per prevedere un fenomeno futuro, si deve confrontare i risultati che danno per vedere se riproducono eventi già accaduti. È qui che entrano in gioco i dati di ERS-2: ERS-2, come lo sarà Envisat, è capace di monitorare i flussi di acqua di una regione, determinando la mappa della presenza di acqua superficiale.
Solo un flash brevissimo sulla strumentazione di Envisat
Lo strumento più grande di Envisat sarà l’ASAR, un Radar ad apertura sintetica in grado di osservare la Terra indipendentemente dalle condizioni del tempo, che da solo peserà circa un terzo dell’intero carico di strumenti del satellite. Il radar funzionerà a microonde, una particolare radiazione elettromagnetica che non viene assorbita dalla nubi. Un fascio di microonde è lanciato dal satellite, arriva a Terra, rimbalza sulla superficie e viene raccolto dal satellite stesso. Poiché la velocità della luce è circa 300 mila km al secondo e la distanza del satellite da Terra è di circa 800 km, tra il momento dell’emissione del segnale e la sua ricezione passa solo qualche millesimo di secondo. Ed è proprio l’enorme velocità della luce che permette al satellite di raccogliere il segnale di ritorno, che altrimenti si perderebbe nello spazio.