Il meeting sul telerilevamento di Tolosa
La siccità che solo in queste ore sembra potersi alleviare pone l’accento sul controllo del territorio, sul monitoraggio del clima. E proprio in questi giorni si sta concludendo a Tolosa, in Francia, un meeting internazionale sul telerilevamento organizzato dalle principali agenzia spaziali: ESA e NASA, NASA, NOAA.
Da quando le enormi potenzialità dell’uso dei satelliti per osservare la Terra stanno diventando evidenti, questa attività ha avuto un forte incremento e ha suscitato l’interesse di una lunga serie di associazioni interessate. Il meeting di Tolosa ha un titolo suggestivo: “Colori e forma della Terra”. Gli argomenti naturalmente sono soprattutto di tipo tecnico, come per esempio la gestione e la diffusione dei dati o, per esempio, la messa a punto di algoritmi per analizzare i dati in modo efficiente, ma hanno ricadute che possono interessare i cittadini da molti punti di vista.
Per esempio la scambio di grandi moli di dati è una spinta alla costituzione di un super internet, il GRID, su cui viaggiano milioni di bits al secondo: una tecnologia che è un passo avanti fondamentale per applicazioni come la telemedicina, ma anche per l’analisi di dati satellitari in tempo reale. E, visto che ho citato l’analisi di dati, un secondo esempio di applicazioni utili sono proprio gli algoritmi matematici e informatici per lo studio delle immagini astronomiche, che hanno portato alla messa a punto di sistemi diagnostici per i tumori della pelle.
Tecnologie per il futuro a breve-medio termine, dunque, che non derivano da peculiarità del telerilevamento, ma dalla cultura che ne è sottesa. Nel meeting vengono poi identificate anche applicazioni specifiche per l’utenza del “remote sensing”: applicazioni per la scienza, ma anche per la politica e per l’industria. Un esempio per tutti: come fornire i dati alle protezioni civili in modo che siano immediatamente utilizzabili.
Uno dei problemi è proprio questo: spesso si tratta di dati che non sono semplici da interpretare da parte di personale non esperto. Che cosa è stato fatto per migliorare questo aspetto?
Un satellite per l’osservazione della Terra è in realtà una piattaforma orbitante sulla quale convivono parecchi strumenti, che sfruttano la sua posizione utilizzando metodi diversi per raccogliere informazioni di genere differente. Per esempio a bordo di Envisat, il satellite ambientale europeo, troviamo uno strumento come Meris, cioè uno spettrometro a media risoluzione (Meris è un acronimo che sta per Medium Resolution Imaging Spectrometer): Meris raccoglie la radiazione solare riflessa dalla superficie terrestre nel visibile e nell’infrarosso, per un totale di 15 bande spettrali, e ne misura l’intensità a seconda della lunghezza d’onda. Del colore, se preferisci.
Uno strumento del genere sarebbe un’inutile complicazione se non ci permettesse di vedere la Terra con occhi diversi, se non ci permettesse di scoprire “l’invisibile”. Per esempio, attraverso i dati raccolti da MERIS si ottengono informazioni specifiche sul contenuto superficiale di clorofilla degli oceani e sullo stato di salute delle aree costali. Questi dati vengono ora forniti direttamente agli utenti, grazie a un processo di analisi interno a più tappe, che prevede prodotti via via sempre più semplici da interpretare.
Questi sono risultati a medio temine. Ma ci sono applicazioni ancora più concrete?
In effetti capire il clima del nostro pianeta e il suo livello d’inquinamento oppure riuscire a prevedere il tempo attraverso una comprensione più profonda della natura sono risultati già di per se stessi molto concreti!
Ma si stanno diffondendo anche esperimenti che difficilmente si potevano prevedere e che certo, da soli, non sarebbero stati un motivo valido per convincere governi a stanziare i finanziamenti necessari per la costruzione di satelliti per l’osservazione della Terra.
Prendiamo per esempio il virus Ebola, che colpisce gli uomini, ma anche primati come gorilla e scimpanzé, e che causa febbri emorragiche spesso fatali. La malattia indotta dal virus non è facilmente diagnosticabile, perché inizialmente i sintomi che produce sono piuttosto comuni. Diventa quindi importante identificare e allertare le zone che sono a rischio di epidemia. È stato osservato che il virus Ebola sembra avere un andamento regolare nel corso dell’anno. Questa regolarità potrebbe essere associata proprio a particolari condizioni ambientali che ne favorirebbero la proliferazione.
Attraverso un’indagine satellitare l’ESA spera di identificare alcune caratteristiche specifiche della vegetazione nelle zone colpite dal virus. Se questo è possibile, se esistono cioè delle tracce riconoscibili nella vegetazione, allora sarà possibile identificare altre zone sospette, proprio attraverso l’analisi della vegetazione ancora prima che la malattia si diffonda. E allertare le forze sul territorio, in modo da intervenire immediatamente su ogni caso dubbio. Essendo una malattia virale, l’importanza di cure immediate è fondamentale per il contenimento della sua diffusione.
Ma si tratta solo di ipotesi oppure ci sono risultati chiari?
Un’azione analoga è già in atto per la lotta contro la diffusione della malaria, responsabile di circa 1 milione e mezzo di vittime ogni anno. La malaria è trasmessa da certi tipi di zanzara, com’è noto, la cui proliferazione è favorita da condizioni di elevata umidità e di alti livelli di pioggia. L’umidità è connessa con certe caratteristiche superficiali, come un’elevata temperatura.
Studiando da satellite, per esempio, le zone piovose e ad elevata temperatura, si può produrre una mappa di zone a rischio. È chiaro che si tratta di una ricerca: non è sicuro che dia risultati a lungo termine né è un risultato di questo tipo che debella la malattia. Tuttavia può essere di enorme aiuto per evitare milioni di morti ogni anno e se ne parlo non è per vendere delle speranze, ma perché voglio rendere l’idea di quanto flessibili possano essere le applicazioni satellitari se usate con intelligenza e creatività.
La storia della scienza ci insegna che i risultati vanno molto al di là degli scopi. Quando è stata formulata la meccanica quantistica, nei primi decenni del secolo scorso, non si poteva prevede la costruzione di strumenti come i computer, che su quella teoria si basano, avrebbero totalmente rivoluzionato la vita di oggi.