La Terra, un pianeta magnetico
INTERVISTA 4-2005. Secondo una recente ricerca franco-danese, il campo magnetico terrestre sta diminuendo più velocemente di quanto non si credesse in passato. Ed entro un migliaio di anni potrebbe scomparire. Che significato hanno questi risultati?
Sono risultati che emergono dai dati raccolti dal satellite danese Ørsted, che è stato lanciato nel 1999 con lo scopo specifico di studiare il campo magnetico terrestre. Un gruppo di scienziati europei del team di Ørsted ha confrontato l’analisi ricavata dai dati del 2000 con quella che era stata effettuata circa venti anni fa con i dati di un satellite statunitense, il Magsat. Il risultato è che il campo magnetico terrestre sembra mostrare una decrescita più veloce di quanto non fosse stato stimato in precedenza.
In effetti, i geologi sanno da anni che il campo magnetico terrestre sta diminuendo. Una convinzione, questa, ricavata sia dallo studio del magnetismo residuo nelle lave o in altri materiali espulsi in eruzioni di epoca storica, sia dalle misure del magnetismo terrestre effettuate nel corso dell’800: l’intensità del campo magnetico terrestre si sta riducendo da almeno 2000 anni. Le misure del satellite Ørsted, quindi, confermano la tendenza.
La novità della ricerca sta, appunto, nella velocità stimata per la decrescita, che secondo gli scienziati europei sarebbe decisamente maggiore di quanto non sia stato valutato in precedenza e che, se proseguisse a questo ritmo, porterebbe il campo magnetico ad annullarsi nel giro di un migliaio di anni.
Ma che cosa accadrebbe se il campo magnetico scomparisse completamente?
Nel corso dei miliardi di anni di evoluzione del nostro pianeta, il campo magnetico è diminuito di intensità molte centinaia di volte, per poi riacquistare vigore successivamente. Sono cambiamento che si verificano in centinaia di migliaia di anni, molto lenti, graduali, spesso con delle oscillazioni su scala temporale minore. Tuttavia non ci sono tracce di estinzioni di massa causate da questo fenomeno: il campo magnetico è stato nullo o molto minore di oggi per un periodo di tempo fortunatamente troppo breve perché la sua assenza potesse produrre conseguenze perniciose.
Il campo magnetico terrestre, infatti, svolge un ruolo fondamentale per il mantenimento di condizioni ambientali favorevoli alla vita sul nostro pianeta. Grazie al campo magnetico, sia i raggi cosmici, cioè quelle particelle cariche di alta energia che piovono sulla Terra dallo spazio profondo, sia il vento solare, cioè quelle particelle cariche che provengono dalla corona solare, sono in gran parte deviate o rallentate prima di raggiungere gli strati atmosferici.
Se questo non accadesse, i raggi cosmici e il vento solare depositerebbero grandi quantità di energia in atmosfera attraverso gli urti con il gas. Questo causerebbe un riscaldamento atmosferico, che avrebbe come conseguenza la perdita dell’atmosfera stessa per evaporazione. Incidentalmente, questa è proprio una delle ipotesi per spiegare l’assenza di atmosfera su Marte, che è privo, appunto, anche di campo magnetico.
Fra l’altro un’atmosfera molto più rarefatta di quella attuale non sarebbe più in grado di assorbire la radiazione solare di alta energie né gran parte delle particelle di alta energia che costituiscono i raggi cosmici stessi: la superficie della Terra sarebbe raggiunta da dosi di radiazione ionizzante sufficienti per sterilizzarla.
Tuttavia, il fatto che il campo magnetico si stia riducendo non significa affatto che scomparirà per sempre. È vero, invece, che il campo magnetico terrestre ci ha abituato a variazione e oscillazioni di intensità e di direzione su diverse scale temporali. Ben sappiamo che le bussole dei navigatori del ‘700 oggi non sono affidabili: il polo sud magnetico ha vagabondato per 1100 km dall’800 a oggi.
Quindi non solo l’intensità ma anche la direzione campo magnetico terrestre è variabile. A che cosa sono dovute queste irregolarità di comportamento?
Probabilmente si tratta di “sintomi” di moti convettivi all’interno della Terra stessa, ma non possiamo affermarlo con assoluta certezza. Sarà uno degli obiettivi scientifici della missione Swarm, dell’ESA, una missione costituita da una piccola costellazione di tre satelliti che è stata approvata nel 2004 e che sarà lanciata nel 2009.
Oggi pensiamo che la sorgente principale del campo magnetico terrestre sia da ricercarsi nelle caratteristiche fisiche del nucleo esterno. Si tratta di un guscio fluido che si trova in posizione intermedia tra il mantello terreste e il nucleo solido. Mentre quest’ultimo è costituito soprattutto da ferro e nichel e costituisce la sfera più interna del pianeta, con un diametro di circa 2500 km, il guscio fluido è formato soprattutto da ferro e zolfo e probabilmente include anche potassio, silicio e ossigeno. Ha un diametro di circa 7000 km, una densità sui 10-12 grammi/cm3 e una temperatura di circa 4800-6900 K. Qui ferro e zolfo si trovano allo stato liquido: hanno un’elevata conducibilità elettrica ed un’elevata viscosità. Queste caratteristiche danno luogo a correnti elettriche che, in presenza di un piccolo campo magnetico iniziale, probabilmente il campo magnetico solare o quello della nube che ha dato origine al sistema solare, hanno alimentato per effetto dinamo autosostenuta il campo magnetico stesso, rafforzandone l’intensità.
La natura fluida del guscio permette movimenti radiali di bolle di materia, che potrebbero modificare la struttura del campo magnetico terrestre.
Quindi è il nucleo fluido della Terra che genera il campo magnetico. Ma quale è il meccanismo attraverso il quale intensità e direzione del campo magnetico vengono modificate?
Ci viene in aiuto, almeno a livello di ipotesi, il comportamento del Sole. Com’è noto, le macchie solari hanno un ciclo di 11 anni. Esse non sono altro che la manifestazione macroscopica di moti convettivi interni alla nostra stella. E in relazione al fenomeno della migrazione delle macchie solari, cioè del loro spostamento sulla superficie solare, anche il campo magnetico solare si modifica, arrivando addirittura a invertire polo sud e polo nord magnetico con un periodo identico a quello del ciclo solare: 11 anni, appunto.
Abbiamo molti indizi che l’inversione delle polarità del campo magnetico terrestre si sia verificata centinaia di volte negli ultimi miliardi di anni. La diminuzione del campo magnetico misurata negli ultimi 2000 anni potrebbe essere proprio un indizio di un campo magnetico che nei prossimi millenni è destinato a invertirsi: la “calamita” terrestre si potrebbe completamente capovolgere. Mentre oggi il polo sud magnetico è in prossimità del polo nord geografico, fra qualche millennio polo nord geografico e magnetico potrebbero coincidere.
In realtà non ne sappiamo ancora abbastanza per poter prevedere il comportamento del campo magnetico terrestre in futuro. Certo è che la missione Swarm dell’ESA ci darà la miglior panoramica spaziale del campo magnetico su scala globale e la miglior determinazione della variazione temporale del campo stesso, rinnovando l’impegno dell’Agenzia nello studio del nostro pianeta.
Nota:
Le interviste
Dal maggio 2000, con cadenza settimanale, RAI NEWS 24 - canale televisivo digitale della RAI dedicato all'aggiornamento in tempo reale - riserva all'ESA uno spazio di approfondimento di 5 minuti: un'intervista su una notizia di attualità legata alle attività nello spazio.
I servizi vengono ritrasmessi ulteriormente su RAI International e RAI 3. Si va dagli approfondimenti sulla Stazione Spaziale Internazionale, alle scoperte scientifiche dei satelliti dedicati all'astronomia, alle applicazioni concrete legate alle osservazioni della Terra dallo spazio.
Il giornalista della Rai, Lorenzo di Las Plassas, passa cinque minuti con il rappresentante dell'ESA, Stefano Sandrelli, per dare un'idea dell'argomento e per approfondirne un aspetto, in modo che, leggendo di seguito le interviste relative a uno stesso settore se ne abbia uno spaccato sempre più ampio, venendo a conoscenza di cose sempre nuove.
Per ulteriori informazioni, rivolgersi a: Simonetta.Cheli@esa.int.