Quindici anni di Telescopio Spaziale Hubble
INTERVISTA 12-2005. Nell’aprile 1990 veniva lanciato il telescopio spaziale Hubble, un’impresa congiunta NASA/ESA, che a 15 anni di distanza non solo è ancora funzionante ma ha cambiato la nostra visione del cosmo. Qual è la caratteristica di questo telescopio che lo ha reso così unico?
Hubble è stato il primo grande telescopio spaziale dedicato all’astronomia che fosse in grado di lavorare nel visibile, nell’infrarosso e nell’ultravioletto. Nonostante abbia un’area di raccolta della luce che non supera 1/15 di quella dei più grandi telescopi da Terra, è stato in grado di regalarci immagini con una risoluzione circa 10 volte migliore, immagini cioè molto più nitide.
Questo è dovuto principalmente al fatto che non c’è atmosfera tra il telescopio e gli oggetti che si osservano. Quel che limita la capacità dei telescopi terrestri tradizionali, infatti, è la turbolenza atmosferica, che è anche la causa del brillio delle stelle osservate a occhio nudo. L’immagine dei corpi celesti osservati dallo spazio è invece così ferma e definita che possiamo puntare una zona di cielo e mantenere il puntamento a lungo, senza timore che l’immagine “si sporchi”: in questo modo abbiamo più tempo per raccogliere la luce che proviene da corpi molto poco luminosi.
E una delle imprese più note e affascinanti di Hubble, la realizzazione dell’Hubble Deep Field, è stato proprio il puntamento di una zona di cielo apparentemente priva di corpi luminosi. Dopo aver mantenuto il puntamento del telescopio per circa 10 giorni, raccattando la debolissima luce che arrivava dall’universo lontano, sono emerse migliaia di galassie di vari colori e varie forme: ellittiche, spirali, irregolari.
Ma che cosa cambia nella comprensione dell’universo con osservazioni come queste?
È come quando, nella stessa mattina, si ricevono due lettere che contengono ciascuna una fotografia: una spedita tre giorni prima, che raffigura un bambino di quindici giorni di età, e l’altra spedita un mese prima, che raffigura un bambino appena nato. Il secondo è nato prima, ma stando alle fotografie, lo vediamo più giovane.
Quando osserviamo il cielo, il gioco è simile: tutto ciò che vediamo con i nostri occhi o con un telescopio, lo vediamo raccogliendo sulla retina, su una pellicola o su un dispositivo elettronico, la luce che ne proviene. E la luce viaggia sempre alla stessa velocità: due galassie nate contemporaneamente, ma una delle quali distante cinque volte più dell’altra, non ci appariranno mai di età identica.
Nel Deep Field di Hubble le galassie appaiono come erano più di 10 miliardi di anni fa, quando molte di loro si stavano ancora formando. Quando questa ricerca uscì, 10 anni fa, molti astronomi parlarono di “scoperta del DNA della formazione delle galassie” o del ritrovamento dei “manoscritti del Mar Morto” per sottolineare che si trattava di una chiave di accesso per la comprensione della storia dell’universo.
Ma oggi sappiamo come si è evoluto l’universo?
Come per la storia umana, ci sono periodi molto ben conosciuti e periodi che sono poco chiari. Un telescopio come Hubble non ci può dare tutte le risposte, ma certamente ci ha dato molti indizi importanti.
Tra il 2003 e il 2004, per esempio, è stata condotta una nuova campagna di osservazioni, per un totale complessivo equivalente a 11 giorni di puntamento, che hanno superato in profondità il Deep Field e che per questo è stato chiamato Ultra Deep Field.
Tra le circa 10000 galassie raffigurate, l’Hubble Ultra Deep Field mostra che un miliardo di anni dopo il Big Bang, l’universo era popolato soprattutto da galassie nane assai diverse dalla nostra Galassia: ne sono state identificate un centinaio che si suppongono formate tra 400 e 800 milioni di anni dopo il Big Bang.
Sono davvero i primi corpi che emergono da quel che viene definito il “Medio Evo” dell’universo: anni in cui l’universo, che si stava espandendo dopo il Big Bang, non era ancora illuminato dalle stelle.
Secondo quel che viene chiamato Modello Gerarchico, queste prime strutture si sono successivamente unite in corpi più grandi, assumendo man mano forme a spirale o ellittiche, come siamo più abituati a vedere nell’universo vicino.
Hubble, in definitiva, ci ha portato a una manciata di milioni anni dal Big Bang: ma ancora non siamo stati capaci di penetrare i segreti del Medio Evo dell’universo.
ESA e NASA stanno ora lavorando su un nuovo telescopio, il James Webb Space Telescope (JWST), che avrà uno specchio circa 3 volte maggiore di quello di Hubble. Quando sarà lanciato?
Al momento il lancio è previsto intorno al 2010, propri in sostituzione di Hubble. Il Webb Telescope sarà sensibile al visibile, all’infrarosso, ma sarà dotato anche di due spettrografi, entrambi nell’infrarosso: le prime stelle, galassie in formazione, ma anche materia oscura o oggetti del nostro sistema solare.
Webb ci spingerà più in là di quanto non abbia fatto Hubble, ma di Hubble non rimarrà solo la scienza, ma anche il contributo all’immaginario collettivo, alla fantasia, alla poesia, alla storia. Ci ha fatto provare, in questi anni, sensazioni simili a quelle che deve aver provato Galileo quando, nel 1609, ha puntato per la prima volta il suo cannone occhiale verso il cielo: Galileo vide migliaia e migliaia di nuove stelle, invisibili a occhio nudo, in un universo che “si accendeva” di fronte ai suoi occhi, popolandosi di nuovi corpi luminosi.
Nota:
Le interviste
Dal maggio 2000, con cadenza settimanale, RAI NEWS 24 - canale televisivo digitale della RAI dedicato all'aggiornamento in tempo reale - riserva all'ESA uno spazio di approfondimento di 5 minuti: un'intervista su una notizia di attualità legata alle attività nello spazio.
I servizi vengono ritrasmessi ulteriormente su RAI International e RAI 3. Si va dagli approfondimenti sulla Stazione Spaziale Internazionale, alle scoperte scientifiche dei satelliti dedicati all'astronomia, alle applicazioni concrete legate alle osservazioni della Terra dallo spazio.
Il giornalista della Rai, Lorenzo di Las Plassas, passa cinque minuti con il rappresentante dell'ESA, Stefano Sandrelli, per dare un'idea dell'argomento e per approfondirne un aspetto, in modo che, leggendo di seguito le interviste relative a uno stesso settore se ne abbia uno spaccato sempre più ampio, venendo a conoscenza di cose sempre nuove.