ESA title
Gli astronauti della Expedition Six
Agency

Un rientro difficile

08/05/2003 6294 views 4 likes
ESA / Space in Member States / Italy

Dopo il disastro dello shuttle Columbia, in cui hanno persona la vita sette astronauti, ancora un problema per una navicella spaziale in fase di rientro. La capsula russa Soyuz, che riportava a terra i tre membri dell’equipaggio della Stazione Spaziale ha mancato il luogo previsto per l’atterraggio di ben 460 km.

Per gli astronauti che viaggiavano sulla Soyuz non c’è stato niente di più che il solito impatto con il suolo a circa 2 metri al secondo, poco più di 7 km/h. È certamente un rientro più brusco di quello previsto per gli astronauti di uno Shuttle, che plana come un aereo sulla pista di atterraggio. Per fortuna tutte le procedure per l’atterraggio della Soyuz hanno funzionato perfettamente: dopo il rientro in atmosfera si sono accesi due razzi che hanno frenato la capsula, seguiti da un paracadute che ha ulteriormente decelerato la navicella. A quel punto gli astronauti viaggiava a circa 30 km/h (8 metri al secondo). E infine, appena prima dell’impatto con il suolo, si è acceso per un’ultima volta un razzo che ha ammorbidito e reso sopportabile il contatto con Madre Terra.

I tre membri dell’equipaggio, al rientro dopo 161 giorni di permanenza in orbita, sono stati recuperati circa 4 ore dopo l’atterraggio: quando sono stati avvistati dagli aerei di soccorso, avevano già aperto il portello pressurizzato della navicella e stavano segnalando la loro presenza con ampi cenni con le braccia, come naufraghi spaziali. Gli astronauti avevano comunque abbondanza di scorte alimentari e di acqua. Il clima era molto mite: insomma, tra i tanti modi di sbagliare atterraggio, quello a cui abbiamo assistito è stato il migliore.

Ma che cosa è successo esattamente?

Il rientro in atmosfera, insieme al lancio, è uno degli aspetti più delicati di una missione spaziale. Quando una navicella si tuffa nell’atmosfera, inizia a muoversi in un mezzo che rapidamente diventa molto più denso di quello dal quale proviene. L’aumento di attrito provoca un effetto che possiamo paragonare a quello di una brusca frenata, che porta anche a un surriscaldamento delle pareti della capsula. Il rientro deve avvenire entro un angolo ben preciso: se l’astronave rientra nell’atmosfera con un’inclinazione eccessiva, come sarebbe nel caso di un’incidenza radente, rischia un vero e proprio rimbalzo sugli strati densi dell’atmosfera, che l’allontanerebbe da Terra. Se invece l’inclinazione è molto poco pronunciata, come nel caso di incidenza perpendicolare all’atmosfera, la navicella rischia di disintegrarsi nell’impatto: è come se sbattesse contro un muro. Inoltre viene sottoposta a un attrito tale che le pareti potrebbero non sopportare il surriscaldamento: la navicella viene letteralmente bruciata.

Nel nostro caso, la capsula russa si è tuffata nell’atmosfera seguendo una traiettoria un po’ meno inclinata di quanto non dovrebbe: per la maggiore inclinazione il cammino all’interno dell’atmosfera è stato più breve e quindi l’atterraggio si è verificato prima del previsto. Per gli astronauti, oltre alla paura, le conseguenze non sono state eccessive. Se in un rientro normale, a causa della frenata imposta dall’atmosfera, l’equipaggio è sottoposto a una decelerazione pari a 4 volte l’accelerazione di gravità, cioè gli astronauti hanno la sensazione di pesare 4 volte più di quanto non accada sulla Terra, in questo caso la decelerazione è stata ancora più intensa, e dunque la sensazione di peso ancora più sgradevole. Ma niente più di questo.

Roberto Vittori nella capsula della Soyuz
Roberto Vittori nella capsula della Soyuz

Non si poteva evitare la disavventura agli astronauti, già affaticati da 161 giorni di orbita?

Sul motivo per cui l’inconveniente è accaduto ancora non c’è chiarezza. Al momento non è stato chiarito se l’errore in fase di rientro sia dovuto a errori umani oppure ci sia stato un malfunzionamento della capsula. Non è un particolare trascurabile, perché una capsula identica a questa è ancorata alla stazione spaziale e fa la funzione di scialuppa di salvataggio. Ed è previsto che sia la navicella con la quale il nuovo equipaggio tornerà sulla Terra fra qualche mese.

Un altro buon motivo per essere preoccupati c’è stato: si trattava del primo atterraggio per il nuovo modello di Soyuz, la Soyuz TMA, che ha a bordo computer più aggiornati, nuovo software, nuovi razzi per rendere più delicato l’impatto con il suolo. Rispetto al vecchio modello, inoltre, sono state apportate alcune modifiche interne per consentire il viaggio anche ad astronauti più alti e più bassi che in passato. In effetti, come abbiamo detto più volte, la Soyuz è un piccolo volume di 4 metri cubi in cui gli astronauti sono molto costretti. È chiaro che se c’è stato un malfunzionamento strutturale occorre intervenire al più presto.

Di un diverso e ben più definitivo rientro in atmosfera è stato protagonista il satellite italo olandese BeppoSax, che negli anni passati ha dato un contributo fondamentale all’astronomia e la cui fama presso il grande pubblico è molto inferiore al suo contributo reale. Che cosa era BeppoSax?

Beppo Sax era stato lanciato sette anni fa. Era un satellite per l’astronomia nei raggi X, il campo per il quale l’italiano Riccardo Giacconi ha ricevuto il premio Nobel per la fisica nel 2002. Il nome del satellite, Beppo, era un omaggio a Giuseppe “Beppo” Occhialini, lo scienziato italiano che è stato uno dei padri dell’astronomia X. Catturare i raggi X provenienti da corpi celesti ci permette di osservare fenomeno molto energetici, che altrimenti rimarrebbero ignoti. Per esempio, è possibile osservare la materia che cade in un buco nero oppure gli echi delle esplosioni più violente dell’universo, i gamma ray bursts, lampi di raggi gamma. In particolare BeppoSax è stato il primo satellite a identificare un corpo celeste che aveva emesso un lampo di luce gamma. In questo modo ha fornito una chiave di interpretazione del fenomeno stesso che si stava cercando da anni. La sua missione era ormai terminata un anno fa e da allora si stava aspettando il rientro. È davvero il caso di salutare Beppo con calore. È stato prezioso per l’astronomia.

Related Links